Lunedì si è tenuta la commissione consiliare 5 “Sostenibilità” che ha iniziato a discutere di ACCAM. Il tema è complesso e ci appassiona da anni. Per questo abbiamo raccolto alcune domande e risposte per condividere gli elementi che ci stanno guidando nel cercare di costruire insieme alla giunta e alle altre forze presenti in Consiglio Comunale la scelta migliore per Legnano e il nostro territorio

Qual è la situazione di ACCAM?

Molto critica e, a meno di un intervento straordinario da parte di un soggetto esterno, irreversibilmente compromessa. ACCAM non ha ancora presentato all’assemblea dei soci il bilancio 2019 perché non può garantire la continuità aziendale: la società non è in grado di continuare ad operare con le sole proprie risorse e, in assenza di un’operazione di finanza straordinaria, dovrà certificare la propria situazione “portando i libri in tribunale”

Perché si è arrivati a questo punto?

Come in tutte le situazioni complesse, non si è arrivati fino a questo punto per un solo motivo, ma una serie di cause hanno contribuito insieme a portare ACCAM ad una situazione di grave dissesto finanziario. Semplificando molto, crediamo i fattori principali siano stati la mancanza di una visione comune da parte dei soci principali della società e la conseguente inefficacia degli indirizzi deliberati dall’assemblea degli azionisti, episodi di cattiva gestione (con indagini della magistratura e conseguenti richieste di rinvio a giudizio che hanno coinvolto anche amministratori di ACCAM) e, da ultimo, l’incendio di inizio 2020 che ha causato il danneggiamento dei forni e delle turbine dell’impianto.

Quindi ACCAM è fallita?

No. Non ancora perlomeno, e non è neanche detto che il fallimento sarà la soluzione finale di questa vicenda. In questi mesi abbiamo scoperto che il diritto fallimentare presenta diverse opzioni, molto differenti, per la gestione di situazioni come quella di ACCAM. A meno di grandi sorprese, in questo momento il percorso che sembra garantire maggiori probabilità di portare ad una soluzione positiva prevede il tentativo di un accordo con i creditori di ACCAM (quelli principali sono due) propedeutico alla formulazione di un piano di rilancio, tutto sotto il monitoraggio di un curatore nominato dal tribunale.

Ma non si può spegnere l’inceneritore e chiudere la società?

No, non è così facile. ACCAM ha debiti per milioni di Euro e prima di “chiudere”, la società deve restituire quanto dovuto ai propri creditori. Non avendo le risorse per farlo e in assenza di un’iniezione di risorse dall’esterno, la legge cerca di tutelare per quanto possibile i creditori: si dichiara il fallimento e il tribunale nomina un curatore fallimentare che ha il compito di realizzare il massimo valore possibile dagli asset della società e distribuire quanto realizzato ai creditori.
In questo momento gli asset di ACCAM ammontano all’impianto (che è, però, tecnologicamente obsoleto) e al permesso di bruciare rifiuti. In caso di fallimento, quindi, lo scenario più probabile è che il curatore fallimentare cercherà di vendere l’impianto e la licenza di incenerire rifiuti al miglior offerente che, evidentemente, si adopererà poi per far fruttare il proprio investimento e, quindi, riaccenderà i forni.

E allora ci teniamo ACCAM?

In una forma o in un’altra, è molto probabile che l’inceneritore di Borsano continuerà ad operare per anni. In che modo potrà dipendere anche, ma non solo, dalle decisioni che prenderanno i Comuni soci nelle prossime settimane. Legnano, Busto e gli altri soci possono farsi da parte e decidere di aver già fatto tutto quanto fosse di loro competenza per cercare di risolvere la situazione. Oppure possono cercare di costruire un nuovo progetto di rilancio di ACCAM, che possa renderla nuovamente uno strumento al servizio di una gestione virtuosa dei rifiuti.

Ma non eravate stati voi, nel 2015, ad opporvi al revamping e a spingere per lo spegnimento dell’inceneritore?

Bravi, allora ci seguite. Sì, nel 2015 ci eravamo opposti al progetto di revamping (ammodernamento e potenziamento dell’impianto di termovalorizzazione) e avevamo fortemente sostenuto che ACCAM dovesse smettere di bruciare rifiuti per diventare un esempio virtuoso di gestione alternativa dei rifiuti.
Il progetto di revamping del 2015, nonostante presentasse aspetti tecnologici di abbattimento delle emissioni e di utilizzo del calore prodotto per alimentare il teleriscaldamento decisamente interessanti, aveva a nostro modo di vedere un grossissimo difetto: i Comuni soci si dovevano impegnare a fare investimenti di parecchi milioni di Euro che avrebbero potuto essere ripagati solo se la quantità di rifiuti conferita all’impianto non fosse diminuita per 15/20 anni. Questo avrebbe messo anche i Comuni più virtuosi di fronte al dubbio che qualunque miglioramento nella raccolta differenziata avrebbe potuto compromettere i notevolissimi investimenti effettuati per il revamping di ACCAM, disincentivando quindi l’introduzione di misure finalizzate alla riduzione della quantità prodotta di rifiuti indifferenziati.

E allora, avete cambiato idea?

No. Però pensiamo che sia giusto cercare di spiegare perché.
A differenza di sei anni fa, oggi l’opzione dello spegnimento dell’inceneritore e dell’avvio in breve termine di nuovi processi di smaltimento dei rifiuti non è purtroppo sul tavolo. ACCAM è in una grave situazione di dissesto finanziario (non lo era nel 2015) e non può semplicemente chiudere. La soluzione più vicina alla chiusura è il fallimento e questa, ad oggi, per riLegnano è un’opzione da non escludere a priori. Ma, come abbiamo cercato di spiegare sopra, è molto improbabile che il fallimento porti allo spegnimento; anzi, è molto probabile il contrario.
In questa situazione, allora, ci stiamo impegnando a valutare le opzioni alternative al fallimento senza pregiudizi ma mantenendo ferma la barra rispetto alla tutela dell’ambiente e salute delle persone che abitano nel nostro territorio, all’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 che produciamo e all’impegno di mettere in pratica politiche che incentivino una sostanziale riduzione dei rifiuti indifferenziati, che erano e rimangono le nostre priorità in questo ambito.

Ed esiste una soluzione di questo tipo?

Lo speriamo, ma non possiamo ancora darlo per certo. Di sicuro, se una soluzione di questo tipo sarà trovata, dovrà soddisfare questi requisiti:

  • affrontare in modo prioritario la tutela dell’ambiente e della salute
  • essere strutturata in modo tale che i Comuni possano introdurre misure di aumento della raccolta differenziata e riduzione del rifiuto residuale destinato a smaltimento (vedi, per esempio, l’introduzione della tariffa puntuale)
  • prevedere investimenti sufficienti non solo per riportare l’impianto alla situazione appena precedente all’incendio di inizio 2020 e al rispetto marginale delle normative sulle emissioni inquinanti, ma tali da consegnare al nostro territorio un impianto tecnologicamente all’avanguardia
  • predisporre un piano di lungo termine che preveda investimenti anche nel recupero dei materiali e nel trattamento alternativo dei rifiuti, in modo da preparare la strada per l’effettivo spegnimento dell’inceneritore in una prospettiva “Zero Waste”
  • mantenere il controllo pubblico della società, in modo da garantire che il driver delle scelte che verranno fatte nei prossimi anni non sia il profitto, ma l’interesse generale della comunità

Durante la commissione consiliare si è fatto riferimento al possibile coinvolgimento di CAP Holding, il gestore del servizio idrico nella città metropolitana di Milano.

Cosa c’entra CAP con ACCAM?

CAP è una società pubblica (di cui Legnano è socio) e sta promuovendo un interessante intervento di recupero del vecchio inceneritore di Sesto San Giovanni. La società è interessata all'integrazione del ciclo delle acque con quello dei rifiuti principalmente per due motivi: creare sinergie (e quindi risparmi) e trovare un modo per smaltire i fanghi prodotti dalla depurazione delle acque.
Lo smaltimento dei fanghi di depurazione costituisce un problema significativo per le aziende che si occupano della depurazione delle acque reflue. Il metodo attualmente più utilizzato è quello dello spandimento dei fanghi in agricoltura, utilizzati quindi come fertilizzanti. Questa pratica, però, non è esente da rischi per l’ambiente e la salute, tant’è che la pratica è soggetta a regolamentazione e, in alcuni casi, a divieto.
In alternativa, i fanghi possono essere sepolti in discarica oppure smaltiti attraverso la termovalorizzazione. Ovviamente, anche quest'ultimo metodo, che sarebbe quello rilevante per un'alleanza ACCAM-CAP, non è esente da rischi, ed è quindi fondamentale un approfondimento dei suoi vantaggi e svantaggi e la valutazione imprescindibile delle migliori tecnologie di abbattimento delle emissioni inquinanti.

L’idea di un accordo con CAP volto all’integrazione dei cicli dell’acqua e dei rifiuti in un contesto di area vasta (a partire da Altomilanese e Basso Varesotto) è suggestiva.
Il sindaco di Legnano, insieme a quelli di Busto Arsizio, Parabiago e di altri cinque Comuni della zona ha auspicato il coinvolgimento di CAP nel rilancio di ACCAM con una lettera aperta inviata lo scorso dicembre. È bene notare, però, che prima che si possa arrivare ad un accordo e all’organizzazione di un progetto comune è necessario che ogni parte proceda ad una due diligence dettagliata, che potrà durare anche alcuni mesi, e che gli amministratori delle società coinvolte chiedano ai propri soci l’approvazione di un piano di intervento pluriennale. Nel caso, quindi, il percorso decisionale sarà ancora inevitabilmente lungo.

Dal nostro punto di vista, l’eventuale coinvolgimento di CAP nel rilancio di ACCAM avrebbe alcuni aspetti potenzialmente interessanti:

  • CAP potrebbe contribuire con risorse importanti per costruire un progetto di rilancio ambizioso, che abbia come elementi qualificanti l’adozione delle migliori tecnologie per l’abbattimento delle emissioni dell’impianto e l’investimento in processi innovativi di recupero dei materiali (la “fabbrica dei materiali”) che verrebbero quindi sottratti all’incenerimento
  • al contrario di ACCAM, CAP è in piena salute economica, aziendale e finanziaria, e può permettersi gli (ingenti) investimenti necessari per un tale progetto
  • ACCAM rimarrebbe pubblica e, nella prospettiva che, in qualunque caso, i forni continueranno a bruciare rifiuti nei prossimi anni, questa ci sembra la migliore garanzia che questo avverrà con la massima attenzione per l’ambiente e la salute
  • il conferimento dei fanghi derivanti dalla depurazione delle acque del territorio risolverebbe il problema di avere “materiale” con cui alimentare il termovalorizzatore e permetterebbe, quindi, ai Comuni soci di attivare politiche di riduzione dei rifiuti indifferenziati senza mettere in crisi ACCAM.